43 anni dal terremoto dell’Irpinia. Era una domenica, una tranquilla domenica di fine novembre. Si era ancora lontani dal Natale e, a differenza di oggi, non c’era già la corsa all’addobbo.
Il tempo scorreva lento verso la fine di quella giornta: erano le 19.34, quando quella serenità venne rotta da un forte boato e poi 90 secondi, 90 lunghi secondi, in cui la terra ha tremato. Migliaia le case distrutte, sgretolate, buttate giù dalla furia degli elementi. Interi paesi tramutati in pochi attimi in macerie.
E poi morti, tanti morti. Come la falce di manzoniana memoria, non c’è stata alcuna differenza nella popolazione, in coloro che hanno perso la vita. Giovani, donne, bambini, anziani. Oltre a loro, quelli morti durante o subito dopo la scossa, ci furono centinaia di persone che patirono le conseguenze. Gli sfollati, i feriti, i malati erano un numero altissimo. 43 anni fa, e su questo le differenze col presente sono purtroppo poche, era difficile raggiungere i centri dell’Irpinia tanto a causa dei danni alle strade quanto per la distanza dalle città. Di conseguenza divenne difficile anche portare soccorso medico a quelle popolazioni e nei giorni successivi iniziarono a diffondersi le malattie.
Un disastro senza precedenti che spinse l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini a recarsi di persona nelle zone terremotate e lì nacque il famoso grido di aiuto “fate presto”. Qualcosa, da allora, è cambiato: c’è più attenzione ai criteri antisismici, ci sono maggiori canali di soccorso, è nata la Protezione Civile, ma per gran parte della popolazione quei 90 secondi sono stati un bivio. C’è un Italia prima del 1980 e c’è un’Italia dopo il 1980. Alcune situazioni, però, non sono mai cambiate e di ripresentano ogni volta che in questo Paese c’è una tragedia.
Appalti truccati, tangenti, corruzione, appropriazioni indebite e poi ciò che allora doveva essere provvissorio è diventato definitivo. In quei luoghi ancora oggi a distanza di 43 anni c’è chi vive nei prefabbricati. Il terremoto del 1980 ha portato con sé degli insegnamenti, è vero, ma non a fondo, non in maniera decisa e capace di mettere un punto dal quale ripartire. Oggi, ancora, si piangono le vttime e si ricordano quei momenti, con la consapevolezza che ciò che doveva essere fatto è ancora in attesa di segnali concreti.