Oggi, 42 anni fa, il terremoto dell’Irpinia.
90 secondi. 90 interminabili e catastrofici secondi. 90 secondi che hanno cambiato per sempre la storia recente del meridione. Era un fredda sera del 23 novembre del 1980, alle 19.30 circa ed una scossa di magnitudo 6.9, con epicentro nell’Irpinia, sconvolse la Campania e la Basilicata.
Il bollettino delle vittime e dei feriti sembra quello di un evento bellico: circa tremila morti morti, 280.000 sfollati e quasi 9mila feriti. I tg di allora mandavano in onda immagini tragiche di distruzione e morte, di interi paesi rasi al suolo, di famiglie che in pochi attimi hanno perso ogni cosa.
Sui luoghi del disastro anche un provato Sandro Pertini, un Presidente della Repubblica che per la prima votla nella storia dell’Italia mostrò un volto umano, vicino al popolo, alle sofferenze della gente. Negli annali rimane il suo appello, quel “Fate presto” quasi gridato nelle interviste e nei moniti tipici del presidente partigiano.
Tutti ricordano il terremoto dell’80, anche chi non era ancora nato ma lo ha vissuto nei racconto di nonni, genitori e familiari. Anche la provincia di Salerno ha pagato le conseguenze del sisma, non rimanendo incolume alle scosse. Quel terremoto mise a nudo la fragilità italica, l’inefficenza dei soccorsi, la necessità di avere un piano di aiuti e di emergenza. Nacquero così la Protezione Civile, una maggiore attenzione alle strutture e i criteri antisismici.
A distanza di 42 anni, qualcosa è cambiato ma poco è rimasto di quell’insegnamento. L’Aquila, Amatrice, per fare una citazione, ancora gridano aiuto. L’Irpinia stessa lo fa: con ferite mai rimarginate. Ferite che mia cicatrizzeranno.