Chiarire tutte le vicende che lo hanno condotto all’arresto nello scorso ottobre.
Questo l’obiettivo delle dichiarazioni spontanee rilasciate da Massimo Cariello, ex sindaco di Eboli difeso dai legali Cecchino Cacciatore e Costantino Cardiello, nei giorni scorsi davanti ai giudici del tribunale di Salerno.
Un intervento lungo quattro pagine per smontare le accuse e “riprendermi da questo incubo cercando di difendermi nelle varie processuali”.
Per quel concerne la questione relativa all’ex area Pip, Cariello respinge le accuse: “Nessuna variante allo strumento urbanistico è stata apportata, così come erroneamente presente nel capo d’imputazione”. E ancora: “Mi preme ricordare che quando l’ufficio mi comunicò la problematica, ricordo molto bene che gli imprenditori interessati erano oltre 6. Infatti sono state consegante determine riguardanti altri imprenditori e di richieste avanzate prima di La Marca”.
Sull’accusa relativa al presunto intervento di Cariello volto ad ostacolare la nomina di Salvatore Memoli a presidente del consorzio farmaceutico, inviso al direttore generale Sorrentino, l’ex sindaco parla di “circostanza non vera per tre ordini di motivi”.
Nello specifico: “La nomina del presidente del Cda, come da accordi istituzionali, spettava al Comune di Salerno, ma solo a scadenza naturale e pertanto nessuno di altri componenti avrebbero sindacato la scelta, come prassi vuole. Sorrentino non nutriva nei confronti di Memoli lo stesso risentimento che invece covavamo noi sindaci per il suo modo errato di atteggiarsi nei nostri confronti e per il fatto che auspicava che per noi consorziati accadesse l’irreparabile. Al netto del fatto che non mi pare che la carica fosse in scadenza e che gli altri sindaci non avevano bisogno di alcuna pressione da parte mia per nutrire avversione nei confronti di Memoli, dal momento che sia Alfieri sia Servalli e il Comune di Salerno erano destinatari degli stessi odiosi messaggi telefonici”.
Ma non è finita: “Si aggiunga poi – afferma ancora Cariello – che era risaputo che il sogno di Memoli era quello di arrivare alla privatizzazione del consorzio, con una visione personale e mai condivisa con nessuna delle forze politiche che componevano le maggioranze dei Comuni consorziati, così come era noto che il memoli si trovava nella condizione di non poter più nuocere al Consorzio farmaceutico per via della sua incompatibilità a rivestire cariche amminstrative”.
“La misura dei domiciliari – conclude Cariello, attualmente riguarda solo il capo d’imputazione di Cava, non capisco ora in che modo possa compiere gli atti che mi vengono imputati, sia perché il coimputato Sorrentino (peraltro gli è stata revocata l’interdizione) non ha oggi alcun ruolo nel Consorzio Farmaceutico e nel concorso di Cava, ma anche perché il reato di corruzoine che mi viene indicato è collegato alla mia attività di sindaco appartenente all’assemblea del Consorzio Farmaceutivo. Non capisco come potrei reiterare il reato”.