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Roccadaspide, sanità esposto di Auricchio alla Procura

Dopo aver scritto e diffuso un lungo dossier sulle carenze dell’assistenza sanitaria in Campania e in tutto il Sud Italia e sulla differenza sostanziale con l’assistenza sanitaria erogata nelle regioni del Nord Italia, Girolamo Auricchio, sindaco di Roccadaspide dal 2006 al 2016, attuale vicesindaco e presidente dell’Associazione ‘Aree Interne del Cilento’, che ha messo in rete 29 comuni, ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Salerno, tramite il Comando della Stazione Carabinieri di Roccadaspide.

“Sono costretto a portare all’attenzione della Magistratura una serie di atti e di vicende che stanno interessando a livello sanitario i pazienti della nostra Regione i quali stanno subendo un vero e proprio scippo e una lesione gravissima del diritto alla salute. Come noto, la salute è un diritto di tutti, sancito e tutelato dalla Costituzione italiana.

Basterebbe ricordare che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è un sistema di strutture e servizi che ha lo scopo di garantire a tutti i cittadini, in condizioni di uguaglianza, l’accesso universale all’erogazione equa delle prestazioni sanitarie, secondo i principi della Costituzione.

Il DPCM del 12 gennaio 2017, ha stabilito che i Livelli essenziali di assistenza sanitaria (Lea) sono rappresentati dalle prestazioni e dai servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a garantire a tutti gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket).

Allo stato, in Campania, ciò non viene assicurato!” si legge, tra le altre cose, nell’esposto a cui è stato allegato il minuzioso dossier firmato da Auricchio. Ciò, inevitabilmente, genera una minore attenzione della continuità verso le cure nelle malattie, che si verifica, in modo particolare, tra la popolazione anziana, maggiormente bisognosa di assistenza.

Nelle aree interne del Sud Italia, la percentuale degli ultra sessantacinquenni con limitata capacità economica è molto elevata e, di conseguenza, gli anziani, impossibilitati ad accedere a cure specialistiche di natura privata, viste le lunghe liste d’attesa del Servizio Sanitario Nazionale, non potendosi sottoporre a faticosi quanto dispendiosi spostamenti per i cosiddetti “viaggi della speranza”, decidono di rinunciare alle cure”.