L’eurodeputata Lucia Vuolo, del gruppo del Partito Popolare Europe e di Forza Italia, aveva presentato nei giorni scorsi una interrogazione alla commissione europea sulla questione del grano turco, la cui esportazione nell’ultimo quinquennio è aumentata esponenzialmente.
Nel quinquennio 2018-2022, la quota media di grano duro che l’Italia ha importato dalla Turchia è stata dell’1,4%. Nel 2023 è arrivata al 44,5%. La richiesta era se la commissione riteine che le pratiche adottate dalla Turchia, nella determinazione dei prezzi di esportazione del grano duro, violino gli accordi dell’unione doganale e s viene ritenuto doveroso verificare se il grano duro turco arrivato nell’Unione europea nel periodo luglio/agosto 2023 sia conforme a quanto stabilito dal protocollo 2 concernente il regime preferenziale applicabile all’importazione in Turchia di prodotti agricoli originari della Comunità.
La Commissione, nel ricordare che il commercio di prodotti agricoli tra Unione e Turchia è disciplinato da ben due protocolli rientrati nel “Consiglio di associazione” rammenta altresì che “il grano duro può essere importato nell’UE in esenzione da dazi” non escludendo però che se “i quantitativi o i prezzi dei prodotti importati dall’altra parte causano perturbazioni dei mercati dell’UE è possibile avviare un meccanismo di consultazione fino all’applicazione di misure di emergenza”.
«La Commissione europea – dice Lucia Vuolo – chiede “sufficienti elementi di prova” all’industria UE. Giusto. Dal mio punto di vista andremo ad analizzare la situazione fornendo dati reali e verificati – spiega l’onorevole – l’aumento dei prezzi c’è stato e l’immissione di un massiccio quantitativo di durum turco anche. Ed è lo stesso commissario a dirlo “é possibile che le esportazioni turche di grano duro raggiungano un livello record” riconoscendo “un calo dei prezzi in Italia e altrove nell’UE” che sembrerebbe essere andato a totale danno di Italia e UE. Servono altre prove? – conclude – bene, le forniremo».