Home Cronaca Caso Alfieri, Gip di Vallo: “Resti ai domiciliari”

Caso Alfieri, Gip di Vallo: “Resti ai domiciliari”

Arriva l’attesa decisione del Giudice per le Indagini Preliminari di Vallo della Lucania sul caso Alfieri.

Il già sindaco di Capaccio Paestum e già presidente della Provincia di Salerno non avrà sconti e resterà ai domiciliari, nonostante la competenza territoriale del tribunale sia passata da Salerno al Cilento.

Una vera e propria stangata, dunque, per l’ex amministratore e per tutti gli altri indagati della medesima inchiesta, per i quali l’intero impianto accusatorio è stato confermato in toto.

Ad eccezione, come già detto in passato, della sorella Elvira Alfieri, gli altri sotto custodia rimangono ai domiciliari. Non c’è stata, dunque, alcuna revoca rispetto a quanto deciso illo tempore da Salerno e, di conseguenza, nessuna novità. Unica differenza, se così la si può definire, sono le parole utilizzate dal Gip Domenico Valerio Ragucci, che conferma le richieste del procuratore vallese Francesco Rotondo.

C’è possibilità di inquinamento delle prove, dice il giudice, ma c’è di più. Anzi, molto di più. “Concreto pericolo – le parole esatte – ancora esistente di inquinamento delle prove.”

Il dispositivo è duro: “Sussiste il concreto ed attuale pericolo che gli indagati, se lasciati liberi, possano reiterare i delitti in contestazione, come emerge senza dubbio dalla loro personalità, dal perdurante inserimento di tutti gli indagati nel medesimo contesto in cui sono maturati i fatti oggetto d’indagine e dalla gravità dei reati contestati, tutti puniti con la pena della reclusione non inferiore a cinque anni.”

Si è in attesa, adesso, di conoscere la data del processo ai danni dell’ex amministratore, del suo braccio destro Andrea Campanile, del tecnico Carmine Greco e dei dirigenti della Dervit, Vittorio De Rosa e Alfonso D’Auria.

Alla base dell’accusa, il patto corruttivo tra Alfieri e la Dervit per un appalto in quel di Battipaglia, propedeutico ad alcuni lavori a Capaccio Paestum, città da lui amministrata. A ciò si aggiunge, solo per questa inchiesta, il falso in atto pubblico per un documento mendace presentato alla Regione Campania.