La media di elettori che domenica e lunedì si sono recati alle urne per partecipare al referendum su lavoro e cittadinanza non è stata altissima.
In Italia, il contatore si è fermato al 30,58% ma Salerno e la sua provincia non fanno meglio, scendendo sotto la soglia nazionale. Il 27,54% degli elettori salernitani hanno risposto alla chiamata ai seggi.
Complesso individuare il motivo, di certo ricercabile in una situazione generale molto tendente all’astensionismo anche se in questo caso specifico, sono state le forze politiche ad indicare il non voto.
Questa volta è stata la destra, con i primis Fratelli d’Italia e Forza Italia, in quel gioco delle parti tipico della politica degli ultimi trent’anni, un’azione che in passato ha visto protagonisti altri partiti ed altre bandiere di diversa estrazione e altra collocazione in parlamento.
A votare sono andati poco più di quattordici milioni di italiani, una minima parte degli aventi diritto, confermando che a vincere a mani basse tutte le elezioni degli ultimi tempi è il partito dell’astensionismo.
Il dato politico, o per meglio dire partitico, è che le sinistre non riescono a portare al voto più del 30% degli italiani, mentre in questo momento la destra può intestarsi il risultato pessimo della tornata elettorale, dal mero punto di vista numerico, come fosse una piccola vittoria.
Tornando alle percentuali, Salerno segue l’andamento italico e fa peggio del dato del Bel Paese fermandosi a tre punti di distanza. Insomma, il voto, da strumento di riscatto, di libertà, di forza, di affermazione dei principi alla base della Costituzione, è diventato di poco conto.
Ad essere partecipate, ma sempre con percentuali non eccezionali, rimangono le tornate per le comunali dove entrano in gioco elementi diversi rispetto ad altro tipo di elezione.
Insomma, il cittadino non si sente più coinvolto. E qualche interrogativo, adesso, chi di dovere dovrebbe porselo.
